TERZO GIORNO Allo spuntar del giorno, appena il Sole brillante si fu alzato sopra le montagne per riprendere il suo posto, i miei bravi guerrieri cominciarono ad alzarsi dal letto ed a prepararsi gradualmente per la prova. Cosí entrarono uno dopo l'altro nella sala, ci salutarono e chiesero se avevamo dormito bene durante la notte. Vedendo i nostri legami, c'erano molti che si beffarono di noi, per esserci mostrati tanto scoraggiati, e per non aver puntato tutto sulla fortuna come loro; ma c'erano parecchi il cui cuore non smise di battere, i quali non alzarono tanto la voce. Ci scusammo per la nostra stupidità e esprimemmo la speranza di poter presto partire liberi e prendere questa beffa come lezione per il futuro, ma aggiungendo che loro non se ne sarebbero comunque andati liberi ancora, e che avevano forse il piú grande pericolo davanti a loro. Finalmente, quando tutti si furono radunati, si incominciò a suonare le trombe, come prima, e i tamburi di guerra, e noi pensammo che si sarebbe presentato senz'altro lo sposo; però ci sbagliammo. Era ancora una volta la Vergine del giorno prima, vestita interamente di velluto rosso, e cinta di un nastro bianco. Una verde corona di lauro adornava mirabilmente il suo capo. Il suo seguito era formato non piú da luci ma da circa duecento uomini con corazze, tutti vestiti di rosso e bianco come lei. Levatasi dal suo seggio, avanzò immediatamente verso di noi, e dopo averci salutati, ci disse brevemente: "Il severo signore è soddisfatto nel constatare che alcuni di voi si sono resi conto della loro miseria, cosí ne sarete compensati". E quando mi ebbe riconosciuto dal mio abito, rise e disse: "Anche tu ti sei sottomesso al giogo? Ed io che credevo che ti fossi tanto ben preparato!". Con queste parole, mi fece venire le lacrime agli occhi. Ci fece quindi liberare e riunire a due a due, e ci fece stare in un posto dove potessimo vedere bene la Bilancia; poi aggiunse: "Potrebbe andare meglio per loro che per molti degli audaci che rimangono qui liberi". Nel frattempo, la Bilancia tutta d'oro fu sospesa al centro della sala e una piccola tavola fu coperta con del velluto rosso e furono posti sopra di essa sette pesi: il primo era abbastanza grosso e sopra a questo furono posti altri quattro piccoli, infine, a parte, altri due grossi. E relativamente al loro volume, questi pesi erano talmente pesanti come nessuno potrebbe crederlo o comprendere. La Vergine divise gli armati, di cui ognuno portava una corda al lato della sua spada, in sette gruppi, secondo il numero dei pesi, ed assegnò uno di ogni gruppo al suo peso; poi risalí sul suo trono sopraelevato. Subito dopo aver fatto un inchino, cominciò a parlare con voce forte: "Chi ascende le
scale della Pittura e senza saper nulla di come si dipinge ne parla
con grande sicumera viene irriso da tutti. Appena la Vergine smise di parlare, un paggio ordinò ad ognuno di prendere posto a seconda del suo rango e di salire (sul piatto della Bilancia) uno dopo l'altro. Al che, uno degli Imperatori non esitò e dopo aver fatto un inchino alla Vergine, montò col suo abito lussuoso. Poi ogni capogruppo depose il peso (nell'altro piatto) e a questi pesi, l'Imperatore resistette con grande meraviglia di tutti. Ma l'ultimo peso fu troppo pesante per lui, e lo sollevò, cosa che l'afflisse al punto che mi parve che la Vergine stessa ne avesse pietà, e fece anche segno ai suoi di tacere. Poi il buon Imperatore fu legato e consegnato al sesto gruppo. Dopo di lui si fece avanti un Imperatore che salí con fierezza sulla bilancia; e poiché aveva un grosso e spesso libro sotto il vestito, pensava che non gli sarebbe mancato il peso. Quando riuscí a mala pena a sopportare il terzo peso e fu gettato in aria senza misericordia dal seguente, lasciando cadere nello spavento anche il suo libro, tutti i soldati cominciarono a ridere ed egli fu legato e consegnato al terzo gruppo. Lo stesso successe a molti altri Imperatori, che vennero derisi e legati. Dopo questi avanzò un uomo basso, anche lui Imperatore, con una piccola barba castana crespa, e, dopo l'inchino formale, si mise anche lui sulla Bilancia. Egli resistette sino alla fine, e cosí fermamente che a mio giudizio avrebbe resistito ancora ad altri pesi, se ce ne fossero stati. La Vergine si alzò subito, s'inchinò davanti a lui e lo fece vestire con un abito di velluto rosso. Infine gli presentò anche delle corone di lauro, che aveva sul suo seggio, e gli disse di sedersi sui gradini del seggio. Sarebbe troppo lungo raccontare cosa successe a tutti gli altri Imperatori, Re e Signori, ma non devo omettere di comunicare che ben pochi di questi capi resistettero, benché molte virtú nobili fossero trovate in loro, tutto al contrario delle mie aspettative. L'uno poteva sopportare un peso, l'altro un altro. Molti ne sostennero due, tre, quattro o cinque, ma pochi arrivarono alla vera perfezione. Chi venne trovato manchevole, fu assai deriso dai gruppi. La prova dei nobili e dei dotti essendo finita, ed essendo stati trovati fra loro uno, talvolta due giusti, e spesso nessuno, fu finalmente la volta dei monsignori ingannatori, degli adulatori, dei fabbricanti della panacea universale. Furono posti sulla Bilancia con tali dileggi che, nonostante il mio dolore, quasi mi scoppiò la pancia dal ridere, e cosí pure i prigionieri non potevano trattenersi dalle risa. Ad essi per la maggior parte non fu neppure accordato un giudizio severo, ma furono cacciati dalla Bilancia a colpi di frusta e di bastone, e condotti al loro gruppo insieme con gli altri prigionieri. Cosí pochi ne rimasero da un gruppo tanto grande che io mi vergogno di rivelarne il numero. Fra gli eletti c'erano anche persone di alto rango, e le une come le altre furono onorate con un vestito di velluto e con un ramo di lauro. Quando poi la prova fu completamente finita e nessuno altro stava ai lati oltre a noi poveri cani incatenati a due a due, un capitano si avanzò e disse: "Signora, se non dispiace a Sua Grazia, desideriamo pesare questa gente che ha riconosciuto la propria mancanza di comprensione; e ciò senza rischio per loro, ma per nostro piacere soltanto; forse esiste qualcosa di buono anche tra loro". Dapprima n'ebbi grande pena,
poi, nella mia afflizione, ebbi almeno la consolazione di pensare che
non avrei dovuto subire tanta vergogna o essere cacciato dalla Bilancia
a colpi di frusta. Non dubitavo, infatti, che molti dei prigionieri
avrebbero preferito aver passato dieci notti nella sala con noi. Poiché
la Vergine diede il suo consenso, fummo liberati e posti su uno dopo
l'altro. Benché i piú fallissero, non furono derisi né
frustati, ma messi di lato in pace. Il mio compagno fu il quinto, e
resistette cosí bene che molti ed in particolare il capitano
che aveva supplicato per noi, lo esaltarono e gli fu reso grande onore
dalla Vergine, secondo l'usanza. Dopo di lui, altri due volarono ancora
una volta in aria. Io ero l'ottavo. Quando, tutto tremante, salii sulla
Bilancia, il mio compagno che era già seduto lí nel suo
velluto mi guardò amichevolmente e la Vergine stessa sorrise
un po'. Io resistetti a tutti i pesi: la Vergine diede l'ordine di impiegare
la forza per sollevarmi e tre uomini fecero forza ancora sull'altra
parte della Bilancia; ma invano. La Vergine annuí, e dopo che fui ricevuto con le dovute cerimonie, mi si autorizzò a liberare uno dei prigionieri a mia scelta. Non dovetti riflettere molto per scegliere il primo Imperatore, che mi faceva pena da tanto tempo, il quale fu liberato e messo fra noi con tutti gli onori. Quando anche l'ultimo fu
messo sulla Bilancia, per il quale però i pesi furono troppo
pesanti, la Vergine si accorse delle rose rosse che avevo staccato dal
mio cappello e che tenevo in mano, e le chiese graziosamente per mezzo
del suo paggio e io gliele diedi volentieri. La Vergine si ritirò con i suoi nel suo luogo abituale; a noi fu assegnata la tavola piú alta della sala con la richiesta che ci accontentassimo di questo finché l'affare non fosse completamente finito: poi saremmo stati subito condotti dalle Loro Altezze gli sposi; ragion per cui vedevamo volentieri passare il tempo. Nel frattempo i prigionieri furono ricondotti nella sala e ognuno fu messo al tavolo a seconda del suo stato, e ricevette la raccomandazione di comportarsi piú decentemente del giorno prima; ma questa esortazione era superflua perché avevano perduto la loro arroganza. E posso affermare, non per adulazione ma per amore della verità, che in genere le persone di rango elevato sapevano rassegnarsi meglio a questo scacco imprevisto perché il loro trattamento era abbastanza duro ma giusto. Non potevano però vedere i servitori che invece a noi erano visibili, cosa di cui ero molto contento. Ma sebbene la fortuna ci
avesse favoriti, non ci consideravamo tuttavia superiori agli altri,
ma parlavamo con loro e li esortavamo a farsi animo dicendo che non
sarebbe andato loro troppo male. Essi avrebbero voluto conoscere la
sentenza da noi, ma eravamo tenuti al silenzio in modo che nessuno di
noi poteva informarli. Tuttavia facevamo del nostro meglio per consolarli
e bevemmo con loro nella speranza che il vino li rendesse piú
allegri. Inoltre, il nobile paggio
aveva una lista delle nostre posizioni, e io non cercherei di nascondere
la mia se non temessi di essere tacciato di orgoglio, vizio che non
può tuttavia superare il quarto peso. Poiché noi eravamo
trattati magnificamente chiedemmo ad uno dei paggi se ci era permesso
di mandare da mangiare discretamente ai nostri amici e conoscenti, e
poiché non aveva niente in contrario ognuno fece portare abbondantemente
da mangiare ai suoi conoscenti per mezzo dei servitori, sempre invisibili
a loro. La Vergine era decorata con
il Toson d'Oro e il Leone: io presumevo dunque che doveva essere la
Presidentessa dell'Ordine, e perciò le chiesi il nome dell'Ordine
stesso. Lei rispose che non era ancora tempo di svelarlo, finché
non fosse eseguita la sentenza nei confronti dei prigionieri, i quali
avevano ancora gli occhi bendati. E quello che era successo a noi sarebbe
stato soltanto un affronto e uno scandalo per loro, sebbene fosse poco
in confronto con l'onore che noi dovevamo aspettarci. Dopo, ricevette
la pergamena divisa in due parti dalle mani del secondo paggio, e lesse
pressappoco quanto segue al primo gruppo: "Dovete riconoscere che
avete creduto troppo facilmente a dei libri falsi e menzogneri; che
vi siete creduti troppo meritevoli e allora siete arrivati in questo
castello, dove però non siete stati mai chiamati. Anche se la
maggior parte di voi si presentò per divertirsi e per poi vivere
con maggior pompa e splendore, vi siete comunque incitati l'uno con
l'altro e siete finiti in tale derisione e vergogna che avete meritato
di soffrire una punizione adatta per tutto questo". Il giardino non era molto decorato, ma a me piaceva il modo in cui erano disposti gli alberi; inoltre c'era una fontana deliziosa decorata di meravigliose figurazioni, di iscrizioni e di segni strani, di cui parlerò nel prossimo libro, a Dio piacendo. Era stato elevato nel giardino un anfiteatro in legno con tende dipinte intorno ad esso. C'erano quattro ripiani l'uno sopra l'altro; il primo era il piú splendido, ed era coperto da una tenda di taffetà bianco in modo che non potevamo vedere in quel momento chi c'era dietro. Il secondo era vuoto e scoperto, e gli altri due erano ancora una volta coperti di questa pesante seta, rossa e blu. Quando fummo vicini a questo edificio la Vergine s'inchinò profondamente, cosa che ci impressionò molto, perché questo significava chiaramente che il Re e la Regina non erano troppo lontani. Quando avemmo fatto la stessa riverenza come dovuto, la Vergine ci condusse attraverso una scala a chiocciola al secondo ripiano, dove essa prese il primo posto e gli altri conservarono il loro ordine. Se non temessi le cattive lingue, potrei raccontare adesso come si comportò nei miei confronti l'Imperatore che avevo liberato, tanto in quel momento come prima a tavola; perché si rendeva facilmente conto in che pena sarebbe stato aspettando il giudizio in derisione, mentre ora, grazie a me, era pervenuto a questa dignità. Nel frattempo apparve la
Vergine che mi aveva portato l'invito, e che non avevo più vista
dopo di allora; diede un segnale di tromba e aprí la seduta con
voce squillante: "Quelli che sono risultati
piú leggeri dei pesi due e cinque, oltre a venir spogliati saranno
anche segnati con due o più marchi, a seconda del peso dimostrato. "Quelli che ieri si sono messi in disparte volontariamente, possono andarsene liberi senza nessuna punizione. "Infine quelli che si
sono dimostrati ingannatori, non avendo controbilanciato alcun peso,
saranno puniti con la morte mediante l'impiego, a seconda dei loro crimini,
della spada, la corda, l'acqua o le verghe; e l'esecuzione avrà
luogo irrevocabilmente per l'esempio degli altri". Non posso omettere qui di
rivelare al lettore qualcosa circa il numero dei prigionieri: quelli
che avevano sostenuto un peso erano sette, quelli che ne avevano sostenuti
due, ventuno; per tre ce n'erano trentacinque; per quattro, trentacinque;
per cinque, ventuno; per sei, sette. Per sette pesi non ce n'era che
uno, il quale era stato sollevato a stento, ed era l'Imperatore che
avevo liberato; quelli che erano stati sollevati facilmente erano un
grande numero. Quelli che avevano lasciato cadere tutti i pesi a terra
erano meno numerosi. Sebbene si fosse proibito
ai servitori reali di prendersi gioco di loro durante la partenza, parecchi
non poterono trattenere il riso; e in realtà era molto divertente
vedere con quanta fretta essi si allontanavano senza guardarsi indietro.
Alcuni chiesero che si facesse pervenire loro il Catalogo promesso,
affinché potessero regolare la questione dei libri secondo il
desiderio di Sua Maestà Reale, cosa che fu di nuovo promessa
loro. Essi furono seguiti da coloro che si erano ritirati prima della prova; li si lasciò passare a causa della loro franchezza ed onestà, ma si ordinò loro di non presentarsi mai più in tale condizione. Tuttavia, quando avessero raggiunto una comprensione piú profonda essi sarebbero stati come gli altri dei convitati benvenuti. Durante questo tempo altri
venivano svestiti, e anche qui si facevano delle distinzioni secondo
i crimini di ciascuno: gli uni venivano rinviati tutti nudi, senza nessun'altra
punizione; altri furono mandati fuori al suono di scampanellate; altri
ancora furono cacciati a colpi di frusta. Insomma, le loro punizioni
furono troppo varie perché io possa parlare di tutte. E ben presto il giardino che prima rigurgitava di gente si vuotò al punto che non restarono altri che i soldati. Dopo questi avvenimenti si
fece un silenzio che durò cinque minuti. Allora un bel liocorno,
bianco come la neve, con intorno al collo una collana d'oro sulla quale
erano incise delle lettere, si avvicinò alla fontana, e, piegando
le gambe anteriori, si inginocchiò come se volesse onorare il
leone che si teneva in piedi sulla fontana stessa. Questo leone, che
in ragione della sua immobilità completa mi era sembrato di pietra
o di bronzo, prese subito una spada nuda che teneva sotto i suoi artigli
e la spezzò a metà; mi sembrò che i due frammenti
cadessero nella fontana. Poi non cessò di ruggire, finché
una colomba bianca gli portò un ramoscello d'olivo che teneva
nel suo becco, e che il leone inghiottí subito, cosa che gli
rese di nuovo la calma. Allora il liocorno ritornò gioioso al
suo posto. Per aiutarci a passare il tempo, la Vergine diede ad ognuno di noi un paggio nobile, che non solo era vestito con magnificenza, ma era anche meravigliosamente istruito e perciò poteva discorrere con tanta arte di tutte le cose, che noi ci vergognavamo di noi stessi. Si era ordinato loro di farci visitare il Castello (ma solo certe parti) e per quanto possibile di distrarci tenendo conto dei nostri desideri. Nel frattempo, la Vergine si congedò promettendoci di riapparire per il pasto della sera; si sarebbe celebrata, subito dopo, la cerimonia della sospensione dei pesi; in seguito ci pregava di pazientare fino all'indomani, perché soltanto all'indomani saremmo stati presentati al Re. Dopo che ci ebbe lasciati, ciascuno di noi fece quello che gli piaceva di piú. Un gruppo guardava le belle tavolette che erano state mostrate loro, e pensava al senso dei caratteri meravigliosi; altri si rifocillavano con cibi e bevande. Quanto a me, mi feci condurre in giro per il castello insieme con il mio compagno dal paggio e non rimpiangerò per tutta la mia vita di aver fatto quel giro perché senza parlare delle molte splendide antichità che vidi, mi furono mostrate anche le tombe dei re, dove imparai piú di quanto esiste in tutti i libri mai scritti. Proprio lí si trova la fenice meravigliosa, sulla quale ho scritto un piccolo libro due anni fa. Ho l'intenzione di pubblicare anche dei trattati speciali concepiti secondo lo stesso piano e nello stesso stile (se questo mio racconto porterà frutti) sul leone, l'aquila, il falcone e il grifone. Mi dispiace soltanto che gli altri miei compagni abbiano mancato un tesoro cosí prezioso, e devo pensare che tale è stata la volontà particolare di Dio. La maggior parte delle cose le ho potute gustare per mezzo del mio paggio, perché ogni paggio conduceva ciascuno a seconda del suo Ingegno, e perciò nei posti e ai fini che piacevano a lui. Al mio paggio era accordata la chiave di tutto questo e perciò mi era concessa questa felicità prima di tutti gli altri. Chiamò anche gli altri: ma essi pensavano che le tombe dei re non potevano trovarsi altro che nel cimitero, dove avrebbero avuto tempo di recarsi in seguito, se per caso vi fosse stato qualcosa da vedere. Tuttavia, i monumenti visti, di cui noi due abbiamo preso copia esatta, non resteranno segreti ai miei discepoli piú grati. L'altra cosa che ci fu mostrata
era la splendida biblioteca; essa era tale e quale era esistita prima
della Riforma. Benché il mio cuore ne gioisca tutte le volte
che ci penso, di questa voglio dire meno perché i cataloghi appariranno
ben presto. Vicino l'entrata della sala si trova un grosso libro, quale
non ne avevo mai visti; questo libro contiene la riproduzione di tutte
le figure, sale e porte, nonché delle iscrizioni e degli enigmi
riuniti nel castello intero. Benché abbiamo promesso di svelare
qualcosa anche di ciò, per il momento aspetto che mondo impari
a comprendere meglio. In ogni libro c'è un dipinto dell'autore.
Molti di questi, come mi parve di capire, saranno bruciati per farne
sparire il ricordo stesso dalla memoria della gente per bene. Nel frattempo ci furono mostrate
le fontane, le miniere e tutti i tipi di studi, di cui non ve n'era
uno che da solo non superasse tutta intera la nostra arte. Tutte le
stanze erano costruite in un semicerchio, in modo che chi le occupava
potesse avere davanti agli occhi il prezioso Orologio costruito su una
bella torre regolabile a seconda del corso dei pianeti, e che faceva
splendida mostra di sé. Qui ancora una volta potevo capire facilmente
quello che manca ai nostri artisti, sebbene non sia mio compito istruirli. Vidi ancora su questo globo molte cose che non voglio svelare: ognuno deve capire per conto proprio perché ogni Stato non ha il suo Filosofo. In seguito ci condusse all'interno del globo. Questo fu fatto nel modo seguente: sul mare, dove si trovava un grande spazio vuoto, c'era una lastra che portava tre dediche e il nome dell'Autore; questa placca si poteva alzare facilmente e si poteva entrare su un asse flessibile nel centro dove c'era spazio per quattro persone e dove non c'era niente altro che un ripiano rotondo sul quale potevamo sederci, e avremmo potuto contemplare bene le stelle in pieno giorno (adesso era già buio). A mio parere erano diamanti che brillavano tutti nel loro ordine e seguivano il loro corso in modo tanto bello che quasi non volevo uscirne piú, cosa che il mio paggio raccontò poi alla Vergine che mi prese spesso in giro a questo proposito. Era già l'ora di mangiare
e mi ero tanto invaghito di stare nel globo che fui quasi l'ultimo ad
arrivare a tavola. Perciò non tardai piú, e quando ebbi
indossato ancora una volta il mio vestito, che mi ero tolto prima, andai
a tavola. I servitori mi dimostrarono tanta reverenza ed onore che,
confuso, non potei alzare gli occhi e, senza accorgermi, passai davanti
alla Vergine che mi attendeva; cosa della quale lei si accorse subito,
mi prese per l'abito e mi condusse a tavola. Il settimo rispose: "Va
già bene se uno puo scegliere, ma per me è diverso. Nella
mia gioventù amavo dal fondo del mio cuore una vergine bella
ed onesta e lei ricambiava il mio amore. Tuttavia, non potevamo unirci
onestamente a causa del rifiuto dei suoi parenti. E perciò lei
sposò un altro che era ugualmente retto ed onesto e la circondò
di rispetto e di amore finché giunse il momento del parto. Ma
allora essa si ammalò tanto che tutti pensarono fosse morta,
e cosí venne messa nella bara con grandi spese e con grande afflizione.
Ora, io pensai che siccome non avevo potuto possedere questo essere
nella vita, potevo almeno abbracciarla nella morte e baciarla al mio
piacimento. Perciò mi feci accompagnare durante la notte dal
mio servitore, che la dissotterrò. Quando ebbi aperto la cassa
e l'ebbi presa nelle braccia, mi accorsi che il suo cuore batteva ancora
e il movimento aumentava con il calore del mio corpo, finché
ebbi la certezza che era ancora viva; la portai allora a casa in segreto
e dopo aver scaldato il suo corpo raffreddato, per mezzo di un delizioso
bagno di erbe, la affidai a mia madre, finché mise al mondo un
bel figlio, che feci curare con tanta coscienza come la madre. Due giorni
dopo le raccontai, con sua grande meraviglia, quello che era successo,
e la pregai di restare d'ora in poi presso di me come mia sposa. Ella
ne fu assai addolorata, dicendo che il suo sposo, che l'aveva sempre
amata fedelmente, ne sarebbe stato molto afflitto, ma che a causa degli
avvenimenti, l'amore la obbligava sia verso l'uno che l'altro. Dopo
esser stato due mesi in viaggio, invitai suo marito e gli domandai quasi
incidentalmente, se avrebbe ripreso sua moglie morta se essa fosse ritornata
in casa. Egli rispose di sì, piangendo amaramente. Allora gli
condussi sua moglie, insieme con il figlio; gli raccontai tutto quello
che era successo e lo pregai di ratificare con il suo consenso la mia
unione con lei. Dopo lunghe discussioni, dovetti rinunciare a contestare
i miei diritti sulla donna, ma continuammo a litigare per il figlio". La risposta mi era abbastanza complicata, ma non rinunciai e domandai: "Vergine nobile e virtuosa, potrei ottenere una sola lettera?". "Va bene" disse, "questo si può fare facilmente". "Quanti ne ha allora la settima? " chiesi. "Ne ha quanti sono i signori qui" rispose. Questo mi bastava e trovai
facilmente il suo nome. La Vergine si mostrò molto contenta e
ci annunciò che molte altre cose ci sarebbero state svelate.
Nel frattempo si erano preparate parecchie vergini che entrarono con
grande solennità, precedute da due giovani, uno con il viso allegro,
gli occhi chiari e di forme armoniose; l'altro aveva l'aspetto irritato
e mi accorsi in seguito che bisognava che tutte le sue volontà
si realizzassero. Erano seguiti dapprima da quattro vergini. La prima
abbassava castamente gli occhi e i suoi gesti denotavano umiltà.
La seconda era ugualmente una vergine casta e pudica. La terza ebbe
un movimento di spavento entrando nella sala; avevo appreso che non
poteva restare lí dove c'è troppa gioia. La quarta ci
portò molti mazzolini di fiori come simbolo del suo amore e generosità.
Dopo queste quattro ne venivano ancora due vestite piú riccamente,
che ci salutarono con gentilezza. Una aveva un vestito blu con stelline
d'oro; la seconda era vestita di verde con delle striscie rosse e bianche;
ambedue avevano sulla testa dei veli fluttuanti che stavano loro molto
bene. Dopo, entrammo in un'altra stanza dove la prima Vergine appese il suo peso e cosí di seguito finché tutte le cerimonie furono compiute. Allora la Regina tese di nuovo la mano e ciascuno e partí con le sue Vergini.
I nostri paggi avevano già le loro istruzioni e perciò condussero ognuno alla sua camera e, affinché potessimo farci servire in caso di bisogno, il nostro paggio riposava in un secondo letto installato nella stessa camera. Io non so come erano le camere dei miei compagni, ma la mia era ammobiliata regalmente e ornata di tappeti e quadri meravigliosi. Ma piú che altro preferivo la compagnia del mio paggio, che parlava con tanta eccellenza ed era versato in tante arti che mi portò via un'altra ora in modo che non mi addormentai prima delle tre e mezzo. Questa era infatti la prima notte di tranquillità; tuttavia un sogno inopportuno non mi lasciava dormire a mio agio, perché durante tutta la notte mi accanivo su una porta che non potevo aprire, pur riuscendovi finalmente. Queste fantasie disturbarono il mio sonno finché mi svegliai verso l'alba.
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