QUARTO
GIORNO
Io riposavo ancora nel mio letto, guardando tranquillamente i quadri e le statue mirabili che si trovavano nella camera, quando sentii improvvisamente gli accordi di una musica di cornette e il suono del triangolo; mi resi conto che la processione era già in marcia. Allora il mio paggio balzò dal letto come un folle, somigliando molto più ad un morto che ad un vivo. S'immagini il mio smarrimento quando mi disse che in quel momento stesso i miei compagni venivano presentati al Re. Io non potei che piangere a calde lacrime e maledire la mia pigrizia, mentre mi vestivo in fretta. Il paggio era pronto molto prima di me e uscí dall'appartamento correndo per vedere come stavano le cose. Ritornò ben presto con la gioiosa notizia che niente era perduto, che avevo perso soltanto la colazione, perché non mi si era voluto svegliare a causa della mia età avanzata, ma che era tempo di seguirlo alla fontana dove i miei compagni erano già per la maggior parte riuniti. A questa notizia, ritrovai la calma; terminai in fretta la toilette e seguii il paggio alla fontana. Dopo esserci salutati, la Vergine scherzò sulla mia pigrizia e mi condusse per mano alla fontana. Allora constatai che invece della spada, il leone teneva una grande lastra incisa. Io la esaminai con cura e scoprii che era stata presa tra i monumenti antichi e posta qui per questa circostanza. L'incisione era un po' cancellata a causa della sua antichità. La riproduco ora esattamente perché ciascuno possa riflettervi:
Questa iscrizione era dunque facile da leggere e da comprendere; così la si era posta qui, perchè fra tutte era la più semplice da decifrare. Dopo esserci lavati a questa fontana, bevemmo in una coppa tutta d'oro. Poi ritornammo con la Vergine nella sala per rivestirci di abiti nuovi. Questi abiti erano fatti interamente in oro, e ricamati di fiori; inoltre ciascuno ricevette un secondo Toson d'Oro guarnito di gioielli, e ognuno di questi aveva una sua virtù operativa particolare. Una pesante medaglia d'oro vi era fissata; su di una faccia si vedevano il Sole e la Luna, l'uno di fronte all'altra. Sul rovescio si leggevano queste parole: "L'irraggiamento della Luna uguaglierà quello del Sole; e l'irraggiare del Sole diventerà sette volte piú splendente". I nostri vecchi ornamenti furono deposti in alcune cassette e consegnati ad uno dei servitori. Poi la Vergine ci fece uscire in ordine. Davanti alla porta i musicisti vestiti di velluto rosso con i bordi bianchi ci aspettavano già. Si aprì allora una porta che prima avevo sempre vista chiusa - che dava sulla scala del Re. La Vergine
ci fece entrare con i musicisti e salire trecentosessantacinque gradini.
Lungo questa scala vedemmo preziose opere d'arte; più salivamo
e più gli ornamenti diventavano ammirevoli; raggiungemmo infine
una sala dipinta. Le sessanta vergini, tutte vestite riccamente, ci
attendevano; si inchinarono a noi e ci diedero il loro saluto e noi
pure rendemmo il saluto meglio che potemmo; poi si congedarono ì
musicanti che dovettero ridiscendere la scala. Allora, al suono di un
campanello, una vergine apparve e diede ad ognuno una corona di alloro;
ma alla nostra Vergine ne diede un ramo. Poi una tenda si sollevò,
e io vidi il Re e la Regina. Quale era lo splendore della Loro Maestà!
Se la regina d'ieri non mi avesse gentilmente avvertito, non avrei potuto
fare a meno, pieno di entusiasmo, di paragonare al cielo questa gloria
indicibile, perché non solo la sala risplendeva d'oro e di pietre
preziose, ma il Re e la Regina erano tali che i miei occhi non potevano
sostenere il loro splendore. Fino a quel giorno avevo ammirato molte
cose, ma qui le meraviglie si superavano l'un l'altra come le stelle
del cielo. "In onore delle vostre Maestà Reali, graziosi Re e Regina, i Signori qui presenti hanno affrontato la morte per venire qui. Le Vostre Maestà saranno a buon diritto contente, perchè, per la maggior parte, essi sono qualificati per ingrandire il regno e il dominio delle Vostre Maestà, come Loro potranno assicurarsene se vogliono, mettendo ciascuno alla prova. Io ho voluto dunque presentarli molto rispettosamente alle Vostre Maestà, con l'umile preghiera di essere liberata del mio incarico e di voler bene prendere in considerazione il modo in cui l'ho eseguito, interrogando ciascuno". Poi ella depose il suo ramo d'alloro. Ora sarebbe
stato conveniente che qualcuno di noi avesse detto qualcosa. Ma poiché
eravamo tutti troppo emozionati per prendere la parola, il vecchio Atlante
finì per farsi avanti a dire a nome del Re: "La Sua Maestà
Reale gioisce per il vostro arrivo e vi accorda la sua grazia reale,
a tutti come a ciascuno in particolare. Essa è ugualmente molto
soddisfatta per il compimento della tua missione, cara Vergine, e come
ricompensa ti sarà riservata una onoreficienza reale. Sua Maestà
pensa tuttavia che tu dovresti guidarli ancora per oggi, perché
non possono che avere grande fiducia in te". Il primo trono era occupato da un vecchio re con la barba grigia, la cui sposa era invece molto giovane e ammirevolmente bella. Un re nero di mezza età era seduto sul terzo trono; al suo lato si vedeva la madre, vecchia e minuta, non coronata, ma velata. Il trono di mezzo era occupato da due adolescenti; essi erano coronati di alloro e al di sopra era sospeso un grande e prezioso diadema. Essi non erano così belli in questo momento come io avevo immaginato, ma così doveva essere. Molti uomini, dei vegliardi per la maggior parte, avevano preso Posto dietro di loro su di un banco circolare. Ora, cosa sorprendente, nessuno di essi portava la spada né altre armi; inoltre non vidi guardia del corpo. C'erano poi alcune vergini che erano state fra noi il giorno precedente e che si erano poste su un lato del semicerchio. Non posso omettere inoltre che anche il piccolo Cupido vi svolazzava. Volteggiava e girava di preferenza intorno alla grande corona. Talvolta si metteva tra i due amanti, col suo arco, sorridente; talvolta faceva anche il gesto di mirarvi con l'arco; infine questo piccolo dio così malizioso non risparmiava neppure gli uccellini che volavano numerosi nella sala, ma li tormentava tutte le volte che poteva. Divertiva anche le vergini; quando esse potevano prenderlo, egli non se ne liberava che a fatica. Così tutta l'allegria e tutto il piacere venivano da questo bambino. Davanti alla Regina si trovava un altare di piccole dimensioni, ma di una bellezza incomparabile; su questo altare un libro coperto di velluto nero ornato con solo pochi rilievi in oro; a lato una piccola luce in un portalampada di avorio. Questa luce, sebbene piccola, bruciava senza spegnersi mai con una fiamma talmente immobile che non l'avremmo riconosciuta come un fuoco se Cupido di tempo in tempo non vi avesse soffiato sopra. Presso la fiaccola si trovava una sfera celeste che girava intorno al suo asse; poi un piccolo orologio a suoneria vicino ad una minuscola fontana di cristallo, da cui sgorgava senza interrompersi mai un'acqua limpida color del sangue e, infine, un teschio, rifugio di un serpente bianco talmente lungo che, malgrado facesse il giro degli altri oggetti, la sua coda era ancora impigliata in uno degli occhi, mentre la testa rientrava nell'altro. Non usciva dunque mai completamente dal teschio, ma quando Cupido si provava a colpirlo, rientrava con una velocità sorprendente. Oltre a questo piccolo altare, si notavano qua e là nella sala alcune immagini meravigliose, che si muovevano come se fossero vive, con una fantasia talmente stupefacente che mi è impossibile descriverla. Così, al momento in cui uscivamo, si levò nella sala un canto tanto soave che non saprei dire se si elevava dal coro delle vergini che erano rimaste o dalle immagini stesse. Per questa volta eravamo contenti e ce ne andammo con le nostre vergini. I nostri musicisti erano lì e ci condussero giù per la scala a chiocciola e la porta fu chiusa a catenaccio con cura. Dopo essere
tornati nella nostra sala, una delle vergini incominciò a dire:
"Sorella, sono meravigliata che tu abbia osato stare in compagnia
con tante persone". "Sorella mia", rispose la nostra
Presidentessa, "quello lì mi ha preoccupato più di
tutti", e indicò me. Queste parole mi causarono pena, perché
capivo bene che mi prendeva in giro a cagione della mia età.
In effetti ero il più vecchio. Però la vergine mi consolò
con la promessa che mi avrebbe aiutato a sbarazzarmi di quest'afflizione
se mi fossi comportato bene verso di lei. Nel frattempo fu servito il
pasto e ognuno era posto al lato di una delle vergini, che sapevano
intrattenerci con la loro conversazione leggiadra. Non devo, però,
tradire gli argomenti delle loro conversazioni e divertimenti. La maggior
parte degli argomenti avevano a che fare con le arti, e da questo mi
accorsi che tutti si occupavano d'arte. Io ero preoccupato dal pensiero
di diventare giovane e perciò ero un po' più triste. La
Vergine se ne accorse ed esclamò: "Vedo bene che cosa manca
a questo giovanotto. Scommetto che sarà più allegro domani
se dormo con lui stanotte". A queste parole tutti incominciarono
a ridere, e pur essendo rosso di vergogna, dovetti ridere anch'io della
mia sfortuna. Ci fu però uno che volle vendicarmi nei confronti
della Vergine, e disse: "Spero che non solo noi, ma tutte le vergini
qui riunite, testimonieranno per il nostro fratello che la nostra Presidentessa
ha promesso di dormire con lui stanotte". "Ne sarei contenta",
disse la Vergine, "se non dovessi temere le mie sorelle. Non sarebbe
conveniente per me di scegliere, senza la loro approvazione, il migliore
e il Più bello". "Sorella mia", incominciò
subito un'altra, "questo ci fa accorgere che la tua alta funzione
non ti ha resa orgogliosa. Perciò, col tuo permesso, noi vorremmo
tirare a sorte questi signori, per dividerli fra di noi come compagni
di letto, e tu puoi volentieri conservare la tua prerogativa".
Tutti noi considerammo la frase come uno scherzo, e riprendemmo la nostra
conversazione. Ma la nostra Vergine non poteva lasciarci tranquilli
e ricominciò: "Signori, sarà bene lasciare decidere
alla fortuna quali persone dovranno dormire insieme questa notte".
"D'accordo", dissi; "se dev'essere così, non possiamo
respingere una tale offerta". Siccome si stabilì di decidere
la cosa dopo il pasto, non volevamo tardare più a tavola e ci
alzammo; ognuno camminava su e giù con la sua vergine. "Ma
no", disse la Vergine. "Non è ancora tempo. Vediamo
come ci accoppia la fortuna". Di conseguenza, lasciammo le nostre
compagne. Seguì una discussione sul come affrontare questo problema,
ma era tutt'un gioco inventato, falso, perché la Vergine ci propose
di porci in cerchio in un ordine qualsiasi; poi lei ci avrebbe contati,
e il settimo avrebbe dovuto unirsi al settimo seguente, che fosse vergine
o uomo. Noi non ci accorgemmo di nessun'astuzia e la lasciammo fare.
Ma benché facessimo attenzione ad essere ben mischiati, le vergini
erano così scaltre che ognuna sapeva già la sua posizione.
La Vergine incominciò a contare e toccò ad una vergine;
dopo di lei la settima persona era ancora una volta una vergine. La
terza volta era ancora una volta una vergine e continuò così
finché, con nostra grande meraviglia, tutte le vergini erano
uscite e non erano toccate ad alcuno di noi, così che noi poveretti
rimanemmo lì soli. Dovemmo confessare che eravamo stati giocati
molto abilmente. Perché è certo che chiunque ci avesse
visto nel nostro ordine avrebbe pensato piuttosto di veder crollare
il cielo che non che nessuno di noi venisse scelto. Così il nostro
gioco finì, e dovemmo lasciar ridere le vergini a nostre spese. Primo atto. Per primo uscì
un vecchio re con parecchi servitori. Venne portato davanti al suo trono
un cofano che si diceva essere stato trovato in mare. Quando venne aperto
vi si trovò una bella bambina, e inoltre dei gioielli e una piccola
lettera sigillata in pergamena, indirizzata al re. Il re spezzò
i sigilli e subito, avendo letto la lettera, si mise a piangere. Poi
raccontò ai suoi cortigiani che il re dei Mori aveva invaso e
devastato il regno di sua cugina e sterminata tutta la discendenza reale
eccetto questa bambina. Intervallo. Tra i due atti si fecero lottare insieme un leone e un grifone e il leone vinse, e fu un piacere vederlo. Secondo atto. Entrò
in scena il re nero; un uomo perfido. Egli viene a sapere che il suo
assassinio non era rimasto segreto e che una bambina gli era sfuggita.
Perciò si fece consigliare come poteva agire astutamente contro
il suo potente nemico. Questo consiglio gli fu dato da parecchi che
si erano rifugiati da lui a causa della fame. Contro ogni aspettativa,
la bambina cade ancora nelle sue mani ed egli l'avrebbe fatta mettere
a morte se non fosse stato ingannato in modo molto singolare dai suoi
cortigiani. Terzo atto. Nel terzo atto, una grande armata venne raccolta dal re contro il Moro e affidata al comando di un vecchio cavaliere coraggioso che attaccò la terra del Moro finché liberò la vergine dalla sua prigione e la rivestì con ricchi abiti. Si erige dopo rapidamente un palco ammirevole e vi si fa salire la vergine. Ben presto arrivano dodici inviati del re. Allora il vecchio cavaliere prende la parola e fa conoscere alla vergine come il suo grazioso signore, il re, non solo l'aveva liberata una seconda volta dalla morte, dopo averle dato un'educazione reale, e questo sebbene non si fosse sempre comportata come doveva, ma anche che S.M.R. l'aveva scelta come sposa per il suo giovane signore, suo figlio, dando l'ordine di fare i preparativi per le nozze; queste dovevano avvenire secondo condizioni precise. Poi lesse in un documento molte condizioni nobili che sarebbero ben degne di essere qui raccontate se non fosse troppo lungo. Insomma, la vergine giurò di attenersi costantemente ad esse, ringraziando per un tale alto onore. Poi incominciarono a cantare lodi di Dio, del re e della vergine e uscirono dalla scena. Intervallo. Nel frattempo ci furono mostrati per nostro divertimento i quattro animali di Daniele, come li aveva visti nella sua visione e come li aveva descritti minuziosamente. Tutto questo aveva un significato ben determinato. Quarto atto. La vergine riprende possesso
del suo regno perduto; viene coronata e condotta sulla piazza per qualche
tempo con questo ornamento fra la gioia di tutti. Poi arrivarono un
gran numero di ambasciatori non solo per farle voti di felicità,
ma anche per ammirare la sua magnificenza. Ma ella non perseverò
a lungo nella sua pietà, e incominciò a gettare sguardi
sfrontati all'intorno, e a far segni agli ambasciatori e ai signori,
e in questo ruolo era veramente brava e non mostrava nessun ritegno. Intervallo. Viene sospesa un'immagine di Nabucodonosor, che era ornato con tutti i tipi di armi sulla testa, il petto, lo stomaco, le caviglie e i piedi ... Ne riparleremo in seguito. Quinto atto. Nel quinto atto fu mostrato al giovane re quello che era successo tra il Moro e la sua futura sposa. Egli interviene subito presso suo padre con la preghiera di non lasciarla in questa situazione. Siccome il padre era d'accordo, furono mandati degli ambasciatori per consolarla nella sua malattia e nella sua reclusione e anche per riprenderla per la sua irresponsabilità. Lei non volle però riceverli e consentì a divenire la concubina del Moro. Tutto questo fu riportato al giovane re. Intervallo. Arrivò un coro di buffoni, ognuno dei quali portava un bastone e con questi bastoni costruirono in poco tempo una grande sfera terrestre e la demolirono subito. E questa fu una bella fantasia divertente. Settimo atto. Nell'ultimo atto, apparve
lo sposo con magnificenza inimmaginabile in modo che mi meravigliai
come avessero potuto realizzare ciò. La sposa gli venne incontro
con la stessa solennità. Infine fecero un giro in processione e cominciarono a cantare ancora una volta, nel modo seguente: I Questo giorno ci porta una grande gioia con le nozze del Re; perciò cantate tutti in modo che risuoni fortemente: "Felicità a colui che la dona". II La bella sposa, che aspettiamo da tanto tempo, ormai gli è unita; noi abbiamo raggiunto quello per il quale lottavamo. Felicità a colui che guarda in avanti. III Salutiamo ora i bravi genitori. Lei è stata abbastanza a lungo in tutela. Moltiplicatevi in questa unione onorevole in modo che nascano mille rampolli dal vostro sangue. La commedia finì con
acclamazioni e nella gaiezza generale e con la soddisfazione particolare
delle persone reali. La sera era già arrivata e perciò
partimmo nello stesso ordine di prima, ma dovemmo accompagnare le Loro
Maestà su per la scala a chiocciola fino alla sala già
descritta. Le tavole erano già preparate magnificamente e questa
fu la prima volta che fummo invitati alla tavola reale. In mezzo alla
sala si mise il piccolo altare e le sei insegne reali furono poste al
di sopra. Questa volta il giovane Re si mostrò molto grazioso
nei nostri confronti, ma non poté essere veramente allegro, perché,
sebbene parlasse con noi a più riprese, faceva molti sospiri,
cosa per la quale il piccolo Cupido lo prendeva in giro audacemente.
I vecchi re e le vecchie regine erano molto gravi e soltanto la sposa
di uno di essi era piuttosto vivace, non so per quale ragione. A me sembravano davvero delle
nozze sanguinose, ma siccome non potevo sapere quello che doveva ancora
succedere, dovetti fare appello alla mia ragione, in attesa di altre
notizie, perché anche la nostra Vergine ci disse di restare calmi,
vedendo che alcuni di noi perdevano la fede e piangevano, e aggiunse:
"D'ora in poi, la vita di costoro sta nelle vostre mani e se mi
seguite, questa morte darà la vita a molti".
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